Bambini e adolescenti nella società degli anni Duemila

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Bambini e adolescenti nella società degli anni Duemila

Università Popolare UNISED | Criminologia, Scienze forensi, Neuroscienze e Security
Pubblicato da Claudia Pilloni in Violenza · Lunedì 01 Dic 2014
Tags: Violenzaminori

Le dinamiche relative alle violenze sui minori sono ancora oggi minimizzate sebbene l’incessante sforzo compiuto quotidianamente dalle forze dell’ordine e dai diversi attori sociali presenti nel territorio. L’attenzione per una corretta attività di prevenzione oggi si concentra anche sull’uso e sull’abuso dei nuovi sistemi di comunicazione che fanno dei minori e degli adolescenti le vittime privilegiate di persone subdole e senza scrupoli. L’approccio multidisciplinare adottato nel presente lavoro ha la finalità di approfondire tematiche di grande attualità e di favorire importanti momenti di riflessione.      
"I mezzi di comunicazione sociale al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla" è il titolo dell’argomento che è stato discusso nella Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2008. Il Pontefice Benedetto XVI nel messaggio presentato il 24 gennaio 2008 dal Presidente e dal Segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali Arcivescovo Claudio Maria Celli e Monsignor Paul Tighe, ha invitato ad un uso più responsabile dei mass media. Questo documento che è stato erroneamente interpretato come un rimprovero al mondo dell’informazione, in realtà esprime un parere positivo sulle potenzialità e sulle responsabilità di coloro che lavorano nel settore delle comunicazioni.
Benedetto XVI ha riconosciuto il ruolo importante che i mass media svolgono nella vita di ciascun individuo e ha sottolineato il contributo che essi hanno apportato nella crescita culturale, sociale e democratica dei popoli poiché questi strumenti diffondono ideali ed esperienze di pace, di giustizia e di solidarietà.
Il Pontefice ha sottolineato anche gli effetti negativi che derivano dall’uso scorretto dei mezzi di comunicazione sia quando propongono modelli   falsati della vita familiare, personale e sociale, sia quando ricorrono alla trasgressione, alla volgarità e alla violenza per incrementare l’audience.
Al giorno d’oggi la rappresentazione della realtà virtuale come reale e autentica genera negli esseri umani una visione distorta della realtà stessa e proprio per questo motivo Benedetto XVI ha proposto che nel campo delle comunicazioni sia adottata una "infoetica" che tuteli la libertà della coscienza, la dignità delle persone e la vita umana.
Questi tre valori diventano   ancora più importanti nel momento in cui analizziamo il rapporto mass media minori, soprattutto in relazione ai drammatici casi di violenza e di sfruttamento che hanno per protagonisti i bambini e che, sovente, vengono amplificati per attirare un maggior numero di spettatori.
L’allarme sociale suscitato dalle quotidiane storie di violenze che vedono coinvolti i minori ha determinato una sempre più crescente attenzione delle istituzioni che sono impegnate nella prevenzione e nella repressione di questi fenomeni. In tal senso la stampa e i media hanno avuto un ruolo fondamentale nell’abbattimento del muro di omertà che circonda   lo   sfruttamento   sessuale dei bambini che, erroneamente, viene considerato un aspetto della società odierna.
Alcuni studi sulla condizione dell’infanzia hanno evidenziato che i minori sono da sempre oggetto di violenza.
Margherita Pelaja, studiosa di storia delle donne e di storia sociale dello stato pontificio, ha affermato che vergogna, silenzio e omertà non sempre hanno protetto lo sfruttamento sessuale dei minori. Il regime morale   instauratosi in occidente tra l’ottocento e il novecento ha confinato ogni pratica sessuale nella sfera del privato e ha trasformato la famiglia in un universo chiuso dove le vicende   che coinvolgono i singoli individui, in particolare le devianze e i crimini sessuali, sono la "vergogna" da celare in nome dell’onorabilità familiare.
Nei tempi passati mogli malmenate, mariti traditi, madri e padri di bambini vittime di stupro si rivolgevano al tribunale per chiedere protezione e risarcimento, proprio perché l’occultamento o la pubblica denuncia nulla o poco avevano a che fare con il pudore e con l’omertà. Questo è ciò che emerge dall’esame dalle carte dei tribunali che si occupavano dei reati familiari e sessuali che, soprattutto in epoca moderna, sono stati trattati dai tribunali ecclesiastici.
Nell’ottocento ai tribunali ecclesiastici venivano denunciati casi di stupri di bambine, rare erano le denunce per stupri di bambini che in genere si riferivano a reati compiuti da sacerdoti.
Il tribunale aveva un duplice compito: punire il colpevole e risarcire la vittima. Le denunce dei sacerdoti favorivano il compito di polizia morale della Chiesa. Le denunce contro i laici accusati di stupro immaturo avevano l’obiettivo di risarcire il danno subito: alle bambine veniva data una dote che permettesse loro di concludere un matrimonio onorevole.
I giudici ecclesiastici dovevano compiere una serie di accertamenti, primo fra tutti il grado di onorabilità familiare della vittima. Essi, infatti, dovevano accertare che la bambina stuprata tenesse una condotta sessuale onesta a prescindere dalla violenza subita. Nel caso in cui fosse stato soddisfatto questo requisito il processo si concludeva con la condanna dell’imputato; se la famiglia non era stata considerata onorevole il procedimento giudiziario terminava in un nulla di fatto.
Per poter meglio comprendere la prassi giudiziaria di quel periodo storico è necessario fare alcune considerazioni.
Il tribunale ecclesiastico aveva le funzioni della mediazione e del risarcimento. Il procedimento giudiziario intendeva restituire alle vittime di reati sessuali l’onorabilità e le possibilità di contrarre matrimonio che avevano prima del delitto.
Dal punto di vista della morale sessuale non esisteva uno statuto specifico dell’infanzia da tutelare: bambine, fanciulle e donne adulte erano legate ai fattori della verginità e dell’onestà sessuale.
L’onestà, così come la disonestà, si trasmetteva di madre in figlia. Se la bambina era figlia di una donna dalla dubbia moralità, aveva poche possibilità di essere risarcita: secondo i giudici la disonestà materna aveva corrotto fin dall’inizio l’innocenza della minore.
Il comportamento degli uomini non veniva considerato probabile fonte di pericolosità sociale: la pubblica morale era legata alla disponibilità o alla riservatezza delle donne.
La tutela istituzionale veniva offerta alle donne il cui onore era già in pericolo o già corrotte e tuttavia sulla strada del ravvedimento.
I conservatori erano luoghi di reclusione che accoglievano le donne che non avevano una famiglia che tutelasse la loro onorabilità, bambine di 10 anni, anziane rimaste sole. I bambini maschi che appartenevano alle fasce più deboli della società rimanevano sulla strada. Le carte esaminate non rivelano nulla del destino riservato ai figli dei ricchi e dei nobili.
Ai giorni nostri il problema della pedofilia è stato collegato alla prostituzione, alla pornografia minorile e al turismo sessuale dei paesi asiatici.
Il fenomeno qui esaminato continua a destare un forte allarme sociale poiché i criminali sfruttano anche per fini commerciali questa attività e comunicano con simili associazioni attraverso reti informatiche e chat line.
I bambini soli che non hanno relazioni con gli adulti basate sulla comunicazione, sull’ascolto e sulla fiducia e che vivono in un ambiente familiare poco protettivo, sono le vittime preferite dai pedofili.
Il ritardo della sede legislativa e la scarsità degli strumenti atti a contrastare questo fenomeno hanno trovato impreparate sia le forze di polizia, sia le forze politiche: nel caso in cui fosse stato possibile entrare nelle reti informatiche, non esistevano delle norme per combattere questo crimine.
L’Unione Europea si è impegnata nella difesa dei diritti delle persone ed in particolare nella tutela dei diritti delle donne, dei bambini e degli adolescenti.
Il Piano di Vienna adottato il 3 dicembre 1998 dal Consiglio di Giustizia e Affari Interni dell’Unione Europea tra gli obbiettivi a scadenza quinquennale ha previsto anche la pianificazione delle strategie e delle norme finalizzate a contrastare la pedopornografia via internet, il traffico di stupefacenti, la criminalità informatica e la xenofobia.
Con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, 1 maggio 1999, la cultura della legalità è diventata una parte fondamentale del processo di integrazione europea e ha evidenziato la necessità della cooperazione tra le polizie europee per tutelate la democrazia e la convivenza civile dagli attacchi della criminalità transnazionale ed internazionale.
Nel suddetto trattato al Titolo VI - Disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale- art.29, è contenuto un preciso riferimento alla prevenzione e alla repressione del traffico di esseri umani e dei reati contro i minori.
In occasione del Congresso mondiale contro   lo sfruttamento sessuale e commerciale dei bambini svoltosi a Stoccolma nel 1996, si discusse di sfruttamento sessuale dei minori a fini commerciali, prostituzione e pornografia infantili. Questo congresso favorì l’adozione di una Dichiarazione e di un Piano di azione mondiale che hanno obbligato gli Stati partecipanti ad applicare nuove strategie e norme penali, ad attuare leggi, politiche e programmi di protezione dei minori, a promuovere iniziative di educazione e di sensibilizzazione dei genitori e dei tutori legali, a garantire la cooperazione internazionale e la collaborazione con la società civile per sviluppare le azioni di prevenzione.
In seguito al Congresso di Stoccolma l’Unione Europea ha realizzato una serie di misure per proteggere i minori e tra queste la più importante è l’Iniziativa Daphne, un fondo annuale che è nato dall’incontro tra la Commissione Europea, i rappresentanti del Parlamento   Europeo e le ONG che operano nell’ambito della tutela dallo sfruttamento sessuale.
Gli obbiettivi e le azioni finalizzate con questa iniziativa hanno sostenuto la cooperazione tra le diverse organizzazioni, incluse le autorità pubbliche che si occupano della tutela delle donne e dei bambini, con una duplice finalità:
Migliorare il livello di conoscenza e facilitare lo scambio di informazioni;
Sostenere le   campagne di sensibilizzazione sulla prevenzione della violenza su bambini, adolescenti e donne con una particolare attenzione alle vittime dello sfruttamento sessuale a fini commerciali.
Queste azioni dirette hanno aumentato la consapevolezza dei bambini, dei giovani e degli educatori sui rischi potenziali della violenza e sui mezzi per contrastarla sollecitando anche la conoscenza della legislazione e dell’educazione sanitaria.
I progetti che sono stati finanziati nel periodo programmatico 1997-2001 hanno sottolineato che l’abuso sessuale è la forma di violenza più diffusa e buona parte di questi progetti si è occupata non solo della prevenzione, ma anche della protezione e dell’assistenza alle vittime.
Questo programma è stato considerato uno dei pilastri dell’Unione Europea nei settori della libertà, della sicurezza e della giustizia. In occasione del II Congresso Mondiale contro lo sfruttamento sessuale dei bambini svoltosi a Yokohama nel dicembre 2001, l’Iniziativa Daphne è stata riconosciuta il migliore programma per combattere la violenza in Europa e nel mondo.
Il Congresso di Yokohama ha consentito una maggiore analisi del traffico dei minori e di tutte le forme di   abuso e ha rivolto l’attenzione   al   profilo dell’abusante, alla pornografia minorile e al quadro informativo internazionale.
Il documento finale di impegno, Yokohama Global Commitment, ha riaffermato il valore assoluto della protezione e della promozione degli interessi e dei diritti dei bambini e la necessità della loro tutela da ogni forma di sfruttamento sessuale.
Nel gennaio 2002 è entrato in vigore il Protocollo opzionale della Convenzione sui diritti dell’infanzia sulla vendita di bambini, la prostituzione e la pornografia infantili, che è stato adottato il 25 maggio 2000 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
L’ Italia ha raggiunto un importante traguardo con l’approvazione della Legge 269«Norme contro lo sfruttamento   della   prostituzione, della   pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quale forma di riduzione in schiavitù», inserita nel Titolo XII del Codice Penale relativo ai delitti contro la persona, che è stata emanata in conformità ai principi contenuti nella Convenzione sui diritti del fanciullo e a quanto stabilito dalla Conferenza Mondiale di Stoccolma.
Questa legge ha previsto misure preventive nei confronti di coloro che usufruiscono delle prestazioni sessuali offerte dal minore con l’aggravante della pena se il fatto è compiuto con violenza e minacce e ha stabilito sanzioni per il commercio, la produzione, la divulgazione o la pubblicazione, anche per via telematica, e la detenzione di materiale pornografico in cui sono presenti minori di anni diciotto.
Questa legge ha previsto pene severe per coloro che organizzano o propagandano viaggi nei quali sono inclusi incontri sessuali con minorenni e sulla base del principio di extraterritorialità ha stabilito che siano comminate sanzioni al cittadino che al di fuori del territorio italiano compie atti sessuali con un minore in cambio di denaro o di altra utilità.
L’art.17 della legge qui in esame ha stabilito che il Ministero dell’Interno istituisca in ogni Squadra Mobile una unità di polizia giudiziaria specializzata nei reati relativi allo sfruttamento sessuale dei minori e che in ogni Questura venga istituito un nucleo di polizia giudiziaria che ha il compito raccogliere le informazioni sulle   indagini relative a questa tematica e di coordinarle con le sezioni analoghe degli altri Paesi europei.
Nella società degli anni duemila un valido progetto formativo per i poliziotti che sono quotidianamente impegnati nella prevenzione e nella repressione dei reati che riguardano i minori e gli adolescenti, deve necessariamente inserire la costante analisi delle trasformazioni che caratterizzano la società attuale e l’evoluzione del mondo delle comunicazioni.
Ai giorni nostri le comunicazioni di massa corrispondono alle reali necessità della società e dovrebbe far riflettere l’opportunità di fare amicizia attraverso i social network. Intorno alla metà del mese di gennaio 2009 ha suscitato grande curiosità il messaggio lanciato da una nota multinazionale che ha pubblicizzato un nuovo tipo di panino su internet e ha deciso di offrirlo gratis a quanti avrebbero cancellato dall’elenco delle amicizie virtuali dieci nominativi.
Questo annuncio ha posto una serie di interrogativi:
Dieci amici valgono davvero il prezzo di un panino?
I rapporti che si costruiscono nei reality sono molto più preziosi di quelli che nascono nella vita reale?
Le   forme di dialogo e di relazione si cercano quotidianamente oppure si preferisce vivere nell’illusione della rete quando si è soli davanti allo schermo?
I nuovi mass media migliorano le conoscenze o favoriscono le illusioni?
Queste domande sono state prese in esame da Benedetto XVI che ha proposto l’argomento della 43 giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 2009 intitolata << Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia>>.  L’apertura del Papa e della Chiesa verso le nuove forme di comunicazione riguardano anche l’uso del cellulare. È opportuno segnalare che l’uso o l’abuso dei media dipende sia dalla formazione degli operatori, sia dall’educazione alla multimedialità di coloro che utilizzano questi strumenti. La formazione degli operatori deve essere costantemente aggiornata proprio per la velocità dei cambiamenti del mondo delle comunicazioni.
Don Domenico Pompili, Direttore dell’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Italiana, è intervenuto a Forlì sul tema del messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali e ha sottolineato che i giovani oggi si relazionano fra loro grazie all’uso degli sms, Skype, e mail e chat.
Agli educatori spetta dunque il compito di apprendere le nuove tecnologie e orientare i giovani ad un utilizzo più corretto dei mezzi di comunicazione. In questa sede è doveroso precisare che in ogni progetto formativo bisogna sempre tenere presente che la nostra società è caratterizzata da continui cambiamenti e caratteristiche quali complessità, insicurezza valoriale e multiculturalità, possono condizionare sia i bambini, sia le loro famiglie. I bambini di oggi sono iperstimolati, possiedono conoscenze, compiono esperienze, ma in realtà poca o nessuna attenzione si presta alle loro esigenze, alle loro motivazioni, al loro sviluppo. Alcuni minori vivono in condizioni difficili, sono vittime di negligenze e di violenze, di svantaggi culturali e sociali, altri sono vittime del consumismo.
La relazione tra il sistema dei bisogni e i diritti del bambino e della famiglia consente di affermare che l’esercizio del diritto all’educazione è fortemente correlato a fattori quali: tenore di vita sufficiente per garantire salute e benessere con una particolare attenzione all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche, all’assistenza, alla sicurezza sociale. La famiglia esercita i suoi diritti- doveri quando non vive nella miseria, quando non vive in condizioni di emarginazione, quando possiede una sicurezza economica, quando viene rispettata la sua libertà politica, quando essa non viene lasciata da sola di fronte alle problematiche dei figli e quando la donna è libera di compiere scelte libere e consapevoli sia sotto il profilo lavorativo, sia sul piano personale.
La qualità della vita della famiglia ed in particolare degli adulti di riferimento è legata alla promozione della qualità della vita del bambino. I diritti umani convergono nel diritto all’educazione inteso come potenziale umano che ciascun individuo custodisce e che intende sviluppare sul piano intellettuale, culturale, sociale, morale, spirituale e religioso.
I diritti del bambino costituiscono un impegno comunitario e la scuola si propone come luogo di apprendimento, di socializzazione e di animazione.  La scuola dovrà meglio definire le dimensioni curriculari, didattiche, funzionali e istituzionali perché il bambino possa conoscere, avere fiducia, esercitare libere scelte, giocare, sperimentare, comunicare, esprimersi, apprendere.
La famiglia costituisce il contesto primario dove il bambino compie le prime esperienze ed attribuisce ad esse valore e significato, apprende i criteri che gli consentono di interpretare le realtà, acquisisce le norme di comportamento. La scuola, così come la famiglia, consente al minore di vivere situazioni ed esperienze importanti. Il diritto all’educazione e la chiara distinzione dei compiti che spettano alla famiglia, alla scuola e alle realtà formative costituiscono le condizioni necessarie per costruire rapporti produttivi tra le agenzie educative.
Nella società degli anni duemila le reti e i linguaggi mass mediali costituiscono fonti di informazione e di stimolazione culturali.  Alla scuola spetta un duplice compito: mettere in pratica l’attività didattica che nasce dalla visione dei programmi televisivi e cinematografici, dei cartoni animati e dei fumetti e valutare quelle proposte che stimolano i comportamenti attivi, sociali e creativi.
I bambini sentono la necessità di "giocare alla tv". Il gioco, la drammatizzazione e il contatto diretto con la realtà ed in particolare con i messaggi che quotidianamente vengono presentati dai media, permetteranno ai minori di scoprire queste   tecnologie e di riflettere sul loro utilizzo. Sebbene la didattica favorisca importanti occasioni di crescita e di confronto, negli ultimi anni gli studiosi hanno analizzato il ruolo della televisione quale fattore scatenante dell’aggressività. Alcune ricerche condotte a livello internazionale hanno evidenziato che i bambini e gli adolescenti che assistono alle scene di violenza in tv o al cinema, manifestano una maggiore aggressività.
Nel 1982 il Rapporto sulla salute pubblica degli Stati Uniti aveva sottolineato che i bambini con poche e modeste capacità e con una vita sociale scarsa e che trascorrevano buona parte della loro giornata davanti alla televisione manifestavano ansia, mal destrezza, insicurezza e sensazione di essere rifiutati.
Nel 1994 Anna Oliviero Ferraris ha evidenziato i tre ruoli messi in atto dal minore: aggressore (quando manifesta un aumento dei comportamenti verbali), vittima (quando ha paura di subire atti di violenza), spettatore (quando manifesta indifferenza verso la violenza subita da altri). È stato inoltre dimostrato che le pratiche educative basate sulla punizione fisica o sul rifiuto dei piccoli determinano una relazione ancora più stretta del rapporto tv violenta - aggressività infantile. Gli studi condotti hanno così chiarito il concetto secondo il quale la visione delle scene di violenza in tv genera nel soggetto uno stato di apatia che gli impedisce di rispondere prontamente agli attacchi dei coetanei. Parke e Slaby hanno definito questa condizione desensibilizzazione emotiva.
Proprio la cruda rappresentazione della realtà giovanile del film Un gioco da ragazze, uscito nelle sale cinematografiche nel mese di novembre 2008, ha destato grande clamore per lo spazio riservato alle scene con atti di bullismo, allo sballo in discoteca e il conseguente consumo di alcoolici e droga.
Maria Rita Parsi, Presidente della Fondazione Movimento Bambino, è intervenuta in merito al film qui citato e ha sostenuto che gli adulti hanno colto nei giovani gli aspetti deviati, la sessualità perversa e drogata (per questi motivi gli definiscono dannati), ma non sono stati in grado di capire le loro richieste di aiuto, i segnali di vuoto, di disperazione e di paura. La psicoterapeuta si è mostrata favorevole con chi ha imposto la censura del film che tuttavia serve ai giovani per comunicare con gli adulti e ha ribadito che i «cattivi ragazzi» fanno giochi distruttivi, ricercano droga e potere, intendono eliminare coloro che gli ostacolano, fanno sesso per soddisfare i propri bisogni fisici ed economici.
La tematica del bullismo trattata nel film qui citato non è più un fenomeno sporadico. Nel 1996 erano all’incirca un milione   200 mila studenti delle scuole elementari e medie coinvolti in questa problematica. Una indagine condotta nel medesimo anno in tre scuole medie della città di Roma dalla psicologa Anna Baldry aveva evidenziato che su un campione di 600 ragazzi il 54% delle bambine aveva affermato di aver subito prepotenze e il 45% aveva dichiarato di averne commesse. I bambini vittime del bullismo erano il 49% e l’80% dei maschi aveva sostenuto di aver compiuto vessazioni sui compagni. I bulli insidiavano i coetanei con parolacce, umiliazioni, minacce e botte, taglieggiavano le loro vittime al fine di ottenere delle somme in denaro.
Alcuni anni più tardi una ricerca condotta dal Telefono Azzurro assieme all’Eurispes in prossimità dell’annuale Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza ha ribadito la necessità di una campagna di informazione nelle scuole e nelle famiglie al fine di contrastare il fenomeno qui in esame.
La ricerca ha messo in evidenza che in un solo anno, 2003-2004, gli adolescenti in età compresa tra i 12 e i 18 anni hanno ricevuto minacce o   subito atti di prepotenza e la percentuale di questi fenomeni è accresciuta dal 33,5 al 35,4%.
L’équipe psicopedagogica del Telefono Azzurro ha realizzato un Quaderno intitolato Cosa è il bullismo al cui interno sono contenuti teorie e consigli rivolti principalmente agli insegnanti e ai genitori degli studenti, che spiegano la problematica qui esaminata e insegnano a riconoscere i segnali per individuare i bulli e le loro vittime.
Ernesto Caffo, Presidente del Telefono Azzurro, ha sottolineato che i fattori sociali, culturali ed educativi influiscono nelle situazioni di disagio, di abuso e di maltrattamento e qualora venga riscontrato un caso di bullismo l’atteggiamento dell’adulto diventa fondamentale.
La scuola ha sempre ricoperto un ruolo principale nella crescita dei minori, ad essa vengono riconosciute sia le funzioni di educazione e di socializzazione, sia l’importante contributo per la costruzione dell’autostima, della sperimentazione e   dell’acquisizione delle abilità sociali. L’ambiente scolastico e il contesto familiare costituiscono i luoghi privilegiati per attuare gli interventi di carattere preventivo e di promozione del benessere. La famiglia e la scuola non solo devono fornire supporto alle vittime, ma devono cooperare per promuovere l’autostima. È stato precisato che un buon livello di autostima aumenta un buon concetto di sé e fornisce al minore gli strumenti fondamentali per affrontare le difficoltà legate al percorso di crescita.
L’equipe psicopedagogica   del Telefono Azzurro ha ritenuto opportuno inserire   il piano di   sensibilizzazione   nei   programmi curriculari e nelle strategie didattiche al fine di favorire importanti obbiettivi cognitivi   ed educativi.  Al giorno d’oggi le problematiche legate al bullismo si diffondono nella rete internet e tante sono le "bravate" di adolescenti compiute ai danni di chi è diverso, di chi è più debole e spesso anche nei confronti di adulti che dovrebbero essere figure di riferimento.
Proprio per tutelare i minori che utilizzano la rete internet il 20 novembre 2008 in occasione della Giornata nazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza è stata presentata la Carta di Alba nata dalla collaborazione tra la Fondazione Movimento Bambino e la Fondazione Ferrero con l’obbiettivo di definire il codice di comportamento per l’uso responsabile del web da parte dei minori.
La Carta di Alba è nata grazie all’apporto di specialisti del settore quali psichiatri, pedagogisti, criminologi e assistenti sociali e si articola in 12 punti che permettono di creare importanti occasioni di riflessione sui possibili pericoli nei quali possono incorrere i minori e gli adolescenti che utilizzano la rete internet.
Gli organizzatori hanno rivolto la loro attenzione alla regolamentazione e alla definizione dei contenuti adatti ai minori poiché internet riunisce persone, crea community, divulga informazioni il cui contenuto può risultare non idoneo ai bambini.
La Carta non solo contiene riflessioni e regole per l’uso di internet, ma ha anche previsto la vigilanza istituzionale per garantire il monitoraggio costante della comunicazione digitale e l’istituzione di un Osservatorio stabile per individuare e contrastare i comportamenti criminali sul web.
Questa Carta ha previsto che su internet siano rese chiare le indicazioni sui rischi che i minori possono incontrare e ha   ribadito   la necessità di una adeguata formazione per l’uso sicuro del web favorendo in primis l’alfabetizzazione tecnologica degli adulti.
Di recente, nel mondo virtuale degli adolescenti italiani, si è affacciata la moda del sexting che è nata in America.  Sexting è un termine che nasce dall’unione di sex, sesso, e texiting, pubblicazione di testo.  Secondo quanto è emerso dalle ultime statistiche pubblicate il sexting viene praticato dal 24% degli adolescenti che si fotografano nudi o in atteggiamenti sessualmente provocanti e poi inviano le immagini ad amici e conoscenti tramite le mail e i messaggi.
I ragazzi e le ragazze vivono il sexting come un gioco provocante e assolutamente privo di rischi. In realtà, è necessario ricordare che le immagini pubblicate sul web rimangono e che possono essere rintracciate da persone malintenzionate.
Oppure il protagonista o la protagonista delle foto può diventare vittima di cyberbullismo e quindi essere ferita, derisa o addirittura ricattata proprio per le immagini precedentemente postate sul web. Molti adolescenti sono sprofondati nel tunnel della depressione o istigati al suicidio.
La drammaticità degli eventi in cui sono coinvolti minori e adolescenti ha richiesto l’urgente attuazione di interventi a livello internazionale.     
In Italia l’attività di contrasto ed in particolare le attività sotto copertura sono affidate alla Polizia Postale e Comunicazioni che è competente proprio per la lotta alla criminalità informatica.
Gli agenti della Polizia Postale e delle Comunicazioni sono stati i primi in Europa ad usare il nuovo software che la Microsoft ha messo a disposizione gratuitamente e che è stato chiamato CETS ovvero Child expolitation tracking system ovvero Sistema di tracciamento contro la pedopornografia. Oltre all’attività di contrasto svolta dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni è doveroso ricordare che la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha istituito l’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pedopornografia minorile e ha attivato il numero 114 ovvero il servizio per l’emergenza infanzia.   
Proprio la presenza dei rischi a cui sono esposti minori e adolescenti che utilizzano la rete internet e che si iscrivono sui social network ha permesso la realizzazione del Primo protocollo d’intesa tra le principali società di socializzazione presenti sul web tra cui Facebook e youtube e la Commissione Europea con questo preciso obbiettivo: proteggere i minori che utilizzano i social e garantire sia la loro privacy sia la sicurezza in rete.
La legge n. 38 del 2006 ha permesso che fosse istituito il Centro Nazionale per il contrasto alla pedopornografia sulla Rete Internet presso il   Servizio della Polizia Postale e delle Comunicazioni. Il Centro attraverso una incessante azione di monitoraggio dei siti pedopornografici aggiorna la black list che poi viene trasmessa agli Internet Service Provider affinché essi possano applicare dei filtri che impediscono di fruire, a chi utilizza naviga in rete, di questi contenuti.  
Questo Centro è formato da una equipe di psicologi e criminologi della Polizia di Stato che hanno il compito di analizzare i dati dell’attività di contrasto di questo fenomeno con l’ausilio di programmi avanzati di raccolta e di analisi.
Il tema della sicurezza in rete consente di discutere sul problema dell’educazione quale dramma sociale contemporaneo. Infatti ci sono minori e adolescenti che sperimentano le difficoltà della vita che impedisce loro di   crescere, di studiare, di giocare e di vivere. Questi ragazzi molto spesso vengono abbandonati dai loro familiari, sono costretti a vivere per la strada e in condizioni di disagio economico e sociale, non frequentano la scuola perché devono lavorare e sono circondati   da «amici» che  li conducono a percorrere strade sbagliate. I bambini e gli adolescenti sono esposti ai pericoli della strada, sono privi di importanti punti di riferimento e soprattutto sono vittime di violenza. La vita così difficilmente vissuta crea una serie di ostacoli che vietano ai giovani di percorrere i normali percorsi educativi e formativi. Più le condizioni di vita sono incerte, più i minori saranno vittime   di violenze, di abusi, di soprusi, di ingiustizie e di pericoli. Il processo educativo diventa quindi uno strumento fondamentale per combattere il degrado sociale e dare una speranza a chi non ha prospettive future.
Proprio  per  tutelare  i minori la Circolare del Ministero dell’Interno, Dipartimento della P.S., n.123, 8.5.96, Ufficio Minori, Roma, ha previsto che  la " trattazione della delicata materia venda d’ora in avanti affidata ad un ufficio ad  hoc, che operi in un’ottica globale, comprensiva sia della delinquenza  minorile, sia dei  reati  commessi in pregiudizio di minori   o  che  offendono, comunque, l’infanzia, presentandosi  quale punto di  riferimento qualificato  per la  collettività, quanto  per le istituzioni- in primo luogo la Magistratura per Minorenni- gli enti e le associazioni comunque interessate al fenomeno.
Sette sono i punti che indicano l’ambito di operatività, le competenze specifiche e l’assetto organizzativo di questo ufficio:
1) individuare gli operatori di polizia con specifica e particolare professionalità;
2) responsabilizzare il funzionario di P.S. preposto all’ufficio, affinché coordini e diriga l’attività, ponendosi anche come referente esterno;
3) predisporre appositi locali ove collocare detto ufficio, tali da garantire tranquillità e riservatezza al minore ed ai suoi familiari e per ridurre al minimo ogni disagio;
4) procedere ad accurata azione info-investigativa relativa al contesto in cui agisce il minore;
5) vigilare sulla dispersione scolastica, soprattutto nelle comunità dei nomadi;
6) tutelare gli adolescenti dagli spettacoli osceni e dalla pornografia in genere;
7) vigilare negli istituti scolastici per prevenire la diffusione degli stupefacenti.
Quando ho svolto lo stage nella Questura di Cagliari fui coinvolta nella presentazione della Questura ai bambini di una quinta classe di una scuola elementare della provincia di Cagliari. L’obbiettivo principale era quello di avvicinare la Polizia di Stato ai minori che molto spesso sono condizionati dalla visione delle fiction televisive. Durante l’incontro con gli alunni ci fu anche un importante momento di prevenzione legato alla sensibilizzazione sui i brutti incontri che i minori possono fare quando navigano su internet e ai bambini furono dati i seguenti consigli:
Quando si naviga su internet e più in generale nella vita quotidiana non dare mai il proprio nome e cognome agli sconosciuti;
Non inviare mai la propria foto agli estranei sia quando si naviga su Internet, sia quando si usa il cellulare perché non sempre le persone dicono di essere quello che sono;
Non chiamare e non inviare mai messaggi a numeri che con troppa facilità propongono nuove amicizie;
Quando si naviga su Internet è bene assicurarsi della presenza di uno o di entrambi i genitori;
Quando si fanno brutti incontri rivolgersi direttamente alla Polizia.
E la rete internet ha creato anche una nuova frontiera di abusi sessuali sul web a danno di minori che è stata denominata child grooming.
Il child grooming è una particolare metodologia di persuasione che utilizza la manipolazione psicologica con l’obbiettivo di indebolire la volontà del minore che, a sua volta, vince le sue resistenze e si lascia convincere della normalità dei rapporti sessuali tra adulti e minori.
Nell’articolo 23 della Convenzione siglata nel 2007 a Lanzarote si specifica che Gli Stati Membri hanno l’obbligo di sanzionare l’adescamento di minori per scopi sessuali: ovvero chi attraverso l’impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione propone al minore un incontro con l’intento di commettere atti e dunque reati sessuali.  Nel suddetto articolo è ben specificato che «Le Parti adotteranno le necessarie misure legislative o di altro genere al fine di considerare reato penale il fatto che un adulto proponga intenzionalmente, per mezzo delle tecnologie di comunicazione e di informazione, un incontro ad un bambino allo scopo di commettere, in un tale incontro, un reato di natura sessuale qualora tale proposta sia seguita da atti materiali riconducibili a detto incontro».
In Italia fino a poco tempo fa la condotta non aveva rilevanza penale. Nonostante le leggi italiane punissero i reati di pedofilia e scambio di immagini pedopornografiche, di abusi sessuali fisici e quindi non virtuali e di prostituzione minorile, non esisteva una legge che trattasse in maniera esplicita l’adescamento dei minori attraverso la rete internet.  Solo con la promulgazione della legge n.172 del 2012 proprio per attuare pienamente il citato articolo 23 della Convenzione di Lanzarote, è stato introdotto fra i delitti contro la libertà personale l’adescamento di minorenni (art.609- indecise c.p.).  Sempre con la legge 172all’art.414- bis è stata inserita nel codice penale la parola pedofilia.  
Il lungo percorso legislativo e il forte impegno delle diverse associazioni che da anni sono impegnate in prima fila per contrastare i reati contro la persona hanno una finalità comune: la tutela della libertà psicofisica del minore e quindi il riconoscimento a vedere garantita una crescita fisica, psichica, spirituale, morale e sociale secondo i canoni dello sviluppo naturale. Una battaglia, quella dei diritti dei minori e degli adolescenti, condotta con uno obbiettivo preciso quello di concretizzare quegli stessi diritti che oggi sono scritti sulla carta.                                                                          

Bibliografia
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Sitografia
http://www.pubblicaamministrazione.net/infrastrutture-it/news/1421/carta-di-alba-inte...
www.poliziadistato.it
www.sarannomagistrati.it

Biografia
Claudia Pilloni è nata a Cagliari il 19 ottobre 1973. Si è laureata in Scienze dell’Educazione con indirizzo Educatori Professionali Extrascolastici discutendo una tesi intitolata Formazione e aggiornamento nella Polizia di Stato ottenendo la votazione di 108Nel 2003 ha svolto uno stage nella Questura di Cagliari partecipando alle attività di tutti i settori della stessa Questura ed in particolare alle procedure di formazione professionale del personale.
Nel 2005 ha collaborato con la rivista Polizia e Democrazia realizzando un articolo sullo stage svolto nella Questura di Cagliari.  
Nel 2007 ha collaborato con Il Filo, Periodico di attualità giuridica e cronaca universitaria dell’Elsa Cagliari, realizzando un articolo intitolato Diario di una giornata di orientamento professionale che è stato pubblicato anche nel sito lt www.elsacagliari.it.
Ha partecipato a diversi corsi organizzati dal Comitato Provinciale dell’Unicef e dall’Università degli Studi di Cagliari e in di questi stessi corsi le sono stati pubblicati i seguenti articoli: La questione immigrazione, la formazione nella Polizia di Stato e la diffusione della cultura della legalità, Anno Accademico 2003, e Gli angeli dimenticati. La visione dell’infanzia nel più evoluto Occidente e nei Paesi in via di sviluppo.
Nel 2011 nel sito www.unipss.it le è stato pubblicato l’articolo intitolato L’educazione alla sicurezza per la tutela dei diritti degli adulti, dei minori e degli adolescenti.
Nel 2013 ha lavorato come pedagogista presso la Casa Famiglia L’Alchimista.
Sempre nel 2013 ha collaborato con L’Alchimista, periodico di informazione sociale, per il quale ha scritto diversi articoli tra i quali Codice Rosa al Pronto Soccorso del San Giovanni di Dio a Cagliari, Cyberbullismo: analisi di un fenomeno in continua espansione, L’esperienza di un carabiniere di scorta in Sicilia alla casa di Borsellino Intervista allo scrittore Alessio Puleo, Le novità e i cambiamenti per le sempre più europee patenti A e B, La Convenzione sui diritti dell’infanzia spiegata ai bambini delle quinte classi delle scuole elementari, Occhio amico: una associazione con uno sguardo vigile per la sicurezza e l’attenzione per il sociale, L’estate e gli anziani. Provvedimenti per garantire la loro sicurezza, La tratta degli esseri umani negli anni duemila: fenomeno quasi invisibile, ma reale, Sette sataniche problematiche sociali parte prima, Sette sataniche Problematiche sociali parte seconda Intervista a Francesco Barresi Scienziato sociale e criminologo, Basco Rosso ovvero l’affascinante storia dei Cacciatori di Calabria e dei Cacciatori di Sardegna raccontata dalla scrittrice Alessandra D’ Andrea.
Dal 2013 collabora con l’ente di formazione professionale FC-So.So.R. nel corso Tecnico della progettazione e gestione delle attività ricreative e culturali, organizzazione del tempo libero e accoglienza del cliente come docente di Pianificazione e Programmazione delle attività di animazione.
Dal mese di settembre 2014 sta collaborando con Socia@lmente periodico di informazione sociale dove ha una rubrica di curiosità e sta valutando proposte di lavoro.



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